ACT: una delle psicoterapie cognitive-comportamentali di terza generazione
Sezione a cura della Dott.ssa Nicoletta Pafumi
Negli ultimi 20 anni nell’ambito della terapia cognitivo-comportamentale si è assistito a un importante arricchimento dei modelli teorici, delle prospettive e pratiche cliniche attraverso lo sviluppo di terapie chiamate di “terza generazione” di cui fa parte anche l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy): questi nuovi approcci integrano le strategie cognitivo-comportamentali con la recente utilizzazione in campo terapeutico di nuove pratiche come ad esempio la mindfulness e la defusione.
Il modello teorico di tipo cognitivo-comportamentale ci insegna come le nostre difficoltà, i problemi emotivi e comportamentali siano conseguenza di apprendimenti diretti ma anche di convinzioni erronee e distorte su noi stessi, sul mondo e sugli altri che ci portano a interpretare in modo soggettivo, e il più delle volte negativo, la nostra realtà rendendoci così vulnerabili rispetto ai disturbi psicologici. In questa prospettiva risulta importante modificare le proprie convinzioni disfunzionali, ed è proprio questo uno dei principali obiettivi della terapia cognitivo-comportamentale.
Purtroppo però spesso malgrado si cambino le convinzioni e si riesca a interpretare le vicende della vita quotidiana in modo più “razionale”, la persona continua a stare male: a non essere felice, a avere paura, a soffrire di dolori cronici, a non riuscire a fare delle scelte ecc.
Ed è proprio in queste situazioni che l’ACT permette di affrontare in modo radicalmente diverso le difficoltà, promuovendo un interessante e utile cambio di prospettiva: questo nuovo approccio stimola la persona a non “combattere” con la propria mente e con i propri pensieri ma al contrario, attraverso la pratica della mindfulness, a stare in contatto con essi in modo non giudicante, senza pretendere di cambiarli ma accettandoli.
Questo processo consente alle persone di “uscire dalla propria mente”, “luogo” in cui spesso passano la maggior parte del tempo: la mente però il più delle volte ci inganna, fa previsioni catastrofiche, ci critica, ci giudica, crea illusioni e sofferenze, ci distrae.
Come funziona l’ACT?
L’ACT ci aiuta a non cadere in queste trappole della mente e a interrompere la lotta contro noi stessi e le nostre emozioni, smettendo di aspettare che cambi qualcosa per iniziare a vivere ma entrando invece subito nella nostra vita, nel qui ed ora, e stimolandoci a agire in modo consapevole verso un cambiamento guidato dai nostri valori.
“Come voglio vivere?” – “Cosa conta veramente per me” – “Quali sono i valori che guidano le mie azioni?” queste sono alcune delle domande che l’ACT ci spinge a fare per poterci guidare e motivare verso la creazione di una vita più ricca e significativa.
Per fare questo è necessario allenarsi a sviluppare una certa flessibilità psicologica, cioè di adattamento alle situazioni, attraverso diverse strategie e processi terapeutici.
Abbiamo già citato la mindfulness, pratica sviluppata nel corso di migliaia di anni e praticata in molte religioni e culture. Nella nostra vita quotidiana spesso noi agiamo in modo quasi inconsapevole, ripetendo in modo automatico le stesse azioni o gli stessi schemi comportamentali, quasi come avessimo un “pilota automatico”; la mindfulness invece ha l’obiettivo di farci diventare osservatori (contrastando così il pilota automatico) di noi stessi e della nostra vita, sviluppando la capacità di prestare attenzione al momento presente con curiosità e consapevolezza e entrando in contatto con esso, ponendo attenzione al nostro corpo e alle sensazioni che proviamo.
Inoltre la mindfulness permette di imparare a riconoscere come spesso la mente ci catturi procurando sofferenza e angoscia inutile.
Al contempo, ci insegna a non scappare dai momenti difficili o dalle emozioni negative coltivando invece l’accettazione: questo importante aspetto apparentemente controintuitivo appare più chiaro se proviamo a riflettere a quanta sofferenza ci procuriamo ogni giorno nell’affannarci a respingere noi stessi, quello che siamo, quello che ci succede e quello che proviamo, e come invece “ non ingaggiare la lotta” e non farci guidare dagli alti e dai bassi della vita potrebbe aiutarci a ridurre la nostra sofferenza e la probabilità di sviluppare dei problemi emozionali.
Per far questo però è importante allenarsi anche nella pratica della defusione, cioè dell’osservazione di ciò che accade dentro di noi (pensieri, ricordi, ecc.) con cui siamo quasi sempre fusi: in altre parole, a volte non ci rendiamo davvero conto di quello che pensiamo talmente siamo attaccati/bloccati dai nostri pensieri, altre volte ne abbiamo consapevolezza ma crediamo che i nostri pensieri siano la realtà e così finiscono per condizionare il nostro comportamento e le nostre scelte. La defusione ci insegna invece a lasciarli scorrere, a provare a distanziarci da essi vedendoli appunto come semplici pensieri e non come “fatti/verità assolute”.
L’ACT promuove dunque il sé che osserva (detto “sé come contesto”) in alternativa al sé che pensa.
Inoltre pone l’accento sull’importanza di prendere consapevolezza di come siano inevitabili sofferenza, dolore, rifiuti, perdite, insuccessi e di come in quanto essere umani siamo impossibilitati a evitarli. Tuttavia, le persone spendono molte energie proprio nel tentativo di evitare le situazioni che possono procurare dolore e disagio (azione opposta all’accettazione); l’allontanamento dalla sofferenza però funziona solo nel breve periodo facendoci stare molto peggio alla lunga. L’evitamento infatti è spesso associato a un incremento dei problemi legati all’ansia, alle paure, alla depressione, all’uso di sostanze ecc.
L’ACT quindi pone l’accento sulla necessità di accogliere e fare spazio al dolore ma al contempo di agire, evitando di evitare, ma promuovendo delle azioni impegnate che permettano di perseguire obiettivi basati sui propri valori personali “agire nel nome di ciò che conta veramente per me come individuo”.
ACT: i pilastri dell’azione
I pilastri del trattamento sono l’Apertura (accettazione e defusione), la Centratura (momento presente e sé come contesto), l’Impegno (valori e azione impegnata).
Malgrado il suo recente sviluppo l’ACT sta sempre più stimolando l’interesse dei clinici e della popolazione, grazie da un lato alla buona efficacia dimostrata nelle ricerche effettuate fino a oggi e dall’altro alla sua ampia applicabilità: può aiutare nel trattamento delle paure e dell’ansia, della depressione, dei disturbi stress correlati e nella terapia del dolore cronico; alcune recenti ricerche hanno dimostrato, inoltre, una buona efficacia anche con le tossicodipendenze.
E’ possibile dunque sintetizzare la terapia ACT in questo modo:
A: Accetta i tuoi pensieri e le tue emozioni
C: Connettiti con i tuoi valori
T: Traduci i tuoi valori in azioni efficaci
Bibliografia e Siti
- Harris R. (2011) Fare ACT. Una guida pratica per professionisti all’Acceptance and Commitment Therapy. FrancoAngeli, Milano
- Harris R. (2010) La trappola della felicità. Erickson, Trento
- Associazione ACT Italia