Linguaggio non verbale del corpo
Come e perchè interpretare le “parole del corpo”
Quando parliamo di comunicazione, la prima cosa che ci viene in mente sono le parole. Ma così, dimentichiamo il linguaggio primordiale che ci accomuna tutti, ossia il linguaggio del corpo.
Le posizioni del corpo nel suo insieme e delle sue singole parti, i tic, i piccoli gesti a cui non diamo importanza possono essere rivelatori dei nostri pensieri, delle nostre paure o desideri.
“Farsi capire” a parole diviene il punto centrale del nostro rapporto con gli altri. Invece, quando interagiamo con gli altri, ci muoviamo, ci grattiamo, cambiamo posizione: tutti questi gesti non hanno alcun motivo di essere eseguiti.. almeno apparentemente…
In realtà, l’osservazione e lo studio del comportamento animale hanno dimostrato la valenza emotiva/comunicativa dei gesti: per indicare un possesso territoriale, per i rituali di corteggiamento, per segnalare posizioni di dominanza e di sottomissione e così via. Accomuna tutti questi significati, la motivazione alla sopravvivenza: ogni nostro gesto ed espressione emotiva risulta essere finalizzata ad adattarci all’ambiente che ci circonda, nonché a “prevedere” le reazioni degli altri anche attraverso la loro mimica facciale e corporea.
Ekman e Friesen (1972) riscontrarono che le espressioni del viso e i movimenti inerenti al linguaggio del corpo sono universali, quindi i segnali relativi a determinate emozioni saranno gli stessi anche su persone di etnie diverse.
Di fatto nella comunicazione non verbale non esistono solo le sei emozioni cosiddette “primarie”: (felicità, paura, rabbia, disgusto, tristezza e sorpresa) ma famiglie intere di espressioni. Per esempio la rabbia può prendere sfaccettature di vario tipo: il senso di colpa, il disprezzo oppure rabbia con disprezzo. Sarà possibile leggere tutto ciò semplicemente osservando la mimica facciale e il linguaggio del corpo.
Il linguaggio del corpo, divenuto in gran parte inconscio nell’uomo, costituisce per noi molto spesso una lingua perduta, ma non è mai troppo tardi per ricominciare ad usarla consapevolmente e riuscire così a comprendere meglio noi stessi e gli altri.
Suddividere in in categorie il variegato mondo degli atti non verbali può rivelarsi utile per conoscerli meglio e per fare una sorta di “visita guidata” nel comportamento del nostro interlocutore. (Benemeglio, 1992).
Prima di tutto, gli atti di scarico della tensione, come ad esempio pizzicarsi la pelle del collo o, nel caso degli uomini, il nodo della cravatta, suggeriscono il “bisogno d’aria” che è proprio dell’ansia, in cui la respirazione è rapida e alta.
I segnali di gradimento o di rifiuto, indicano invece una sensazione piacevole o sgadevole. Un tipico segnale di gradimento sembra essere un tipo di sorriso in cui i denti sono premuti sul labbro inferiore. La sua origine risalirebbe al piacere che il neonato prova nel mordicchiare il seno materno durante la dentizione. Sembra che alcuni atti di sfregamenti del naso o delle zone lacrimali siano invece atti di rifiuto, proprio perchè si è in sede di mucose, zone sensibili al fastidio. Se, poi, l’atto è prodotto dall’ascoltatore, il rifiuto va riferito al tema del discorso o a chi parla.
Infine, vi sono gli atti iconici, in cui attraverso la manipolazione di oggetti o parti del nostro corpo, diamo un’ immagine di noi stessi agli altri. Alcuni di questi sono anche atti di gradimento, come l’atto di scostarsi i capelli, frequente soprattutto tra le donne.
Il legame della comunicazione non verbale con le emozioni e la sua capacità di comunicare sempre e comunque, fanno sì che si possa esercitare un effetto nel rapporto con l’altro, influenzandone il comportamento, le reazioni e la comunicazione verbale.
Conoscere approfonditamente il linguaggio del corpo può aiutarci in tutte le relazioni sociali, soprattutto quelle lavorative, dove può esserci più che mai utile interpretare al volo una smorfia, un accenno di movimento o un cambiamento di espressione.