Terapia dialettico comportamentale (DBT)
Sezione a cura della Dott.ssa Simona Fascendini
La terapia dialettico comportamentale (Dialectical Behavior Therapy, DBT) è un trattamento cognitivo comportamentale ideato da Marsha Linhean, originariamente sviluppato per persone con condotte parasuicidarie o suicidarie e in seguito applicato a persone con disturbo di personalità borderline (BPD). Consiste in una combinazione di psicoterapia individuale a matrice cognitivo comportamentale, skills training di gruppo, consultazione (coaching) telefonica, lavoro sui famigliari a livello gruppale ed individuale, e un team di consultazione tra terapeuti. La DBT può essere svolta da professionisti certificati, che hanno svolto un opportuno corso di formazione in team presso la Società Italiana DBT, concluso con l’accreditamento alla SIDBT.
Cosa intendiamo con disturbo borderline? Secondo la teoria biosociale, è un disturbo pervasivo del sistema di regolazione emotiva, risultato di una specifica predisposizione individuale alla malattia (fattori genetico-biologici) che interagisce con un ambiente famigliare invalidante. La disregolazione emotiva comprende difficoltà, ad esempio, a: provare e riconoscere le singole emozioni di base, inibire risposte emotive e comportamentali intense e inappropriate. Un ulteriore nucleo del BPD è rappresentato dall’ipersensibilità interpersonale, a cui può seguire un’instabilità nelle relazioni (con alternanza di sentimenti di idealizzazione e svalutazione), e sforzi disperati per evitare un abbandono (reale o immaginario che sia). Tra gli altri sintomi, potrebbero emergere l’impulsività, con comportamenti dannosi per l’individuo (es. guida pericolosa, abbuffate, abuso di sostanze), gesti autolesionistici, e pensieri o minacce suicidarie. La persona con BPD potrebbe, infine, far fatica a definire chiaramente l’immagine di sé, esperendo un senso di vuoto.
La terapia dialettico comportamentale è considerata oggi il trattamento d’elezione per persone con tale sintomatologia. La DBT lavora su quell’insieme di comportamenti disfunzionali che a diversi livelli impattano la vita della persona con disturbo borderline di personalità: dai comportamenti suicidari e parasuicidari, a comportamenti impulsivi e disfunzionali che si verificano in molteplici contesti e situazioni. Tra questi, possiamo ritrovare ad esempio i comportamenti di autolesività, abuso di sostanze o di alcol, disregolazione dei comportamenti alimentari. In tal senso, si mira all’acquisizione e generalizzazione di un repertorio alternativo di risposte emotive, cognitive e comportamentali, allo scopo di ridurre il discontrollo comportamentale. Di fondamentale importanza è anche la costruzione e il mantenimento di una relazione tra paziente e terapista, attraverso la validazione della grande sofferenza che spesso accompagna gli individui con disturbo borderline.
Questo approccio terapeutico combina principi della mindfulness, elementi della terapia cognitivo-comportamentale e aspetti dialettici. In primo luogo, viene attribuita particolare rilevanza alle abilità di mindfulness, attraverso tecniche ed esercizi pratici per esercitare la consapevolezza, la tolleranza allo stress e l’accettazione di sé. Inoltre, la DBT include tecniche cognitivo-comportamentali, quali l’analisi della catena comportamentale, il problem-solving e aspetti dello skills training, utili ad acquisire una maggiore efficacia nella definizione degli obiettivi e risoluzione dei problemi. Infine, come espresso dallo stesso nome della terapia, viene posta enfasi agli aspetti dialettici: oltre alla capacità di innescare un cambiamento, è fondamentale una quota di accettazione e validazione del comportamento contingente – anche per quanto disfunzionale – in un difficile gioco di equilibrio tra accettazione di sé e trasformazione.
La DBT, nel tempo, aiuterà il paziente a prendere in considerazione sia il bianco sia il nero per arrivare a una sintesi degli opposti, in modo da non disconoscere la realtà dell’uno o dell’altro.
Lo scopo finale della DBT è il miglioramento della qualità di vita del paziente, affinché – come affermato da Marsha Linhean, fondatrice del modello – si costruisca una vita degna di essere vissuta.