Soddisfazione coniugale e conflittualità di coppia nella popolazione americana
La soddisfazione matrimoniale ed il conflitto tra coniugi sono stati approfonditi in numerosissimi studi, negli ultimi anni, in tutto il mondo. E’ stato visto, ad esempio, come la soddisfazione matrimoniale possa diminuire anche dopo molti anni di matrimonio (Glenn, 1998; VanLaningham, Johnson, & Amato, 2001). Ma che cosa succede alla tendenza al conflitto? Nello studio di Taylor e Dush è stato osservato l’andamento della presenza di conflitti coniugali nell’arco del matrimonio, sulla base di un’analisi condotta su dati raccolti in oltre vent’anni dello studio “Marital Instability Over the Life Course (J. Fam Issues, Claire M. Kamp Dush, Miles G. Taylor, Trajectories of Marital Conflict Across the Life Course: Predictors and Interactions With Marital Happiness Trajectories, 2012 March, 33(3): 341–368).
E’ stata evidenziata una relazione tra soddisfazione relazionale e durata del matrimonio con una tendenza ad una compromissione di tale soddisfazione soprattutto in due periodi della storia matrimoniale: agli inizi del matrimonio e dopo diversi anni dalle nozze.
E’ stato spesso sottolineato in diverse ricerche come la qualità di un matrimonio sia influenzata da fattori istituzionali associati al matrimonio stesso. (Wilcox & Nock, 2006). Wilcox e Nock hanno evidenziato come le mogli ed i mariti che credono nell’istituzione del matrimonio, e che hanno più impedimenti nel porre fine al matrimonio, stimeranno più positivamente la qualità della loro vita coniugale. Gli “impedimenti” di cui tengono conto gli autori sono l’età (quelle spose/i più in là con gli anni avranno più difficoltà a trovare un nuovo partner), mancanza di un lavoro/disoccupazione, radicate credenze religiose, problemi economici e figli. Wilcox e Nock inoltre sostengono che avere un ideale di matrimonio in quanto vincolo istituzionale possa promuovere la soddisfazione coniugale, diminuendo la sensazione che il partner persegua attraverso il matrimonio i propri interessi personali. A supporto di questa visione, è stato notato come quelle donne che hanno un’idea di ruoli di genere più tradizionalista, tendono ad avere matrimoni più soddisfacenti (Amato & Booth, 1995; Wilcox & Nock, 2006). Coloro che hanno un forte orientamento religioso, fanno propria l’idea che il matrimonio sia per sempre e tendono a riportare una maggior soddisfazione coniugale rispetto a chi non ha un orientamento religioso così forte (Heaton & Pratt, 1990). In questo senso, va detto che l’avere una coscienza religiosa permette di avvicinarsi anche ad un supporto comunitario in grado spesso di intervenire a favore del legame matrimoniale. D’altro canto, i figli di coppie separate tendono a far proprie in misura minore quelle che sono considerate attitudini tradizionali del rapporto di coppia, in parte perché hanno vissuto l’esperienza della separazione sulla propria pelle, imparando così che non necessariamente il matrimonio è per sempre (Amato & DeBoer, 2001). Allo stesso modo, coloro che hanno già avuto un divorzio alle spalle o che hanno vissuto insieme prima del matrimonio, tendono ad accettare con maggior consapevolezza l’idea di una separazione (Axinn & Barber, 1997; Booth & Edwards, 1992; Cohan & Kleinbaum, 2002).
La scuola di pensiero di Paul Amato sostiene invece che un matrimonio presenti meno confitti ed una maggiore qualità di soddisfazione quando entrambi i partner si suddividono equamente i compiti di gestione della casa e prendono decisioni insieme (Amato, Booth, Johnson, & Rogers, 2007). Questo modello risulta particolarmente attuale, dati i cambiamenti di ruolo nella società moderna, là dove le donne sono sempre più coinvolte anche nella vita lavorativa. Una minor partecipazione alla vita domestica da parte del marito è risultata associata a tensione, conflitto e ad una bassa qualità relazionale (Frisco & Williams, 2003). Nelle famiglie più numerose quest’aspetto tende ad essere ancora più evidente, proprio perché è richiesto un maggior impegno nella cura della casa e della famiglia (Twenge, Campbell, & Foster, 2003).
Negli anni ’80, gli studi di Gottman (1993) e Fitzpatrick (1988) hanno permesso di vedere come esistano diverse tipologie di coppie matrimoniali e come alcune di queste presentino una maggiore conflittualità di altre. Secondo Gottmann, la tendenza al conflitto è una variabile che rimane stabile in una coppia.
Nello studio di Taylor e Dush è stato osservato come l’avere una forte convinzione che il matrimonio sia per sempre consista in un fattore predittivo di una minore tendenza al conflitto nella coppia, così come l’apertura al dialogo ed alla comunicazione di sentimenti e problemi risulta predire una buona soddisfazione coniugale. Uno dei principali fattori in grado di indicare la probabilità di una relazione di lunga durata e soddisfacente è stato, in questo studio, l’aver dato vita al rapporto con la credenza di un’istituzione che fosse per sempre e basata su un rapporto egualitario.